29 aprile 2008

Cindytalk: l'oscurità ristampata

Ci sono tanti gruppi che possono essere catalogati come oscuri, gotici, dark, e altre etichette simili, senza per questo essere caratterizzati dalle atmosfere strazianti che emanano dall'album di debutto dei Cindytalk.

Non che Camouflage Heart (1984) sia intriso soltanto di cupa disperazione, ma si tratta certamente di una delle opere più intense e mesmerizzanti della seconda ondata della new wave anglosassone. Un periodo, quello successivo al 1983, caratterizzato invece in maggior parte da esercitazioni di maniera in stile post-punk oppure da scivolate in territori insipidamente commerciali.

Gordon Sharp è noto ai più per i tre brani ai quali presta la voce nel memorabile It'll End In Tears dei This Mortal Coil, supergruppo della 4AD di Iwo Watts Russell.

I suoi Cinditalk emanavano dal primo disco un senso di oppressione e desolazione che sarà stato certamente ostico per i più, ma in compenso non dimenticarono una raffinata ricerca sonora e lirica, con testi di rara intensità. Queste caratteristiche ne fanno, nel genere, uno dei migliori lavori dell'epoca.

Passeranno alcuni anni prima del seguito. In This World (1988) è in realtà un album doppio, le cui due metà furono pubblicate successivamente con il medesimo nome (e gran confusione dei distributori).

Qui la formula si fa meno cupa, la voce di Sharp è a tratti meno disperata e sono tanti i bozzetti strumentali basati sul pianoforte, che danno all'album un sapore più malinconico e attraversato da sonorità che oggi potremmo definire quasi new age (se il termine non fosse ormai retrivo).
Un lavoro più complesso e, sebbene indeciso sulla direzione da prendere, quasi perfetto.

Entrambi gli album sono stati recentemente ristampati da una piccola sub-label della Abraxas, la Wheest.
I due dischi sono stati rieditati con grandissima cura in una splendida edizione cartonata, e sono disponibili anche in vinile.

La Wheest, il cui unico disco in catalogo fino all'uscita di queste due ristampe era l'eccellente Great Minds Against Themselves Conspire (2007) degli italiani Pankow, è stata fondata proprio da Gordon Sharp e da Maurizio Fasolo, storico membro dei Pankow. Andrà tenuta d'occhio...

24 aprile 2008

Rinf e Neon: la Firenze veramente alternativa

Mai troppe lodi saranno innalzate alla benemerita Spittle Records, etichetta italiana che, dopo una breve esistenza nella seconda metà degli anni '80, è risorta negli ultimi anni con una imperdibile serie di ristampe di materiali che rischiavano altrimenti di restare sepolti per sempre.

Dopo alcune uscite dedicate all'hardcore italiano (Putrid Fever e Stazione Suicida tra gli altri) il catalogo si è decisamente orientato verso la new wave italiana, con diverse pubblicazioni pregevoli e a volte sorprendenti.
Citerò ad esempio l'incredibile cofanetto Silence Over Florence, contenente 4 CD con vecchi demo, EP e live rispettivamente di Pankow, Polyactive, Karnak e Rinf. Oppure i due album Gathered e Body Section, raccolte di artisti (allora) emergenti, pubblicate originariamente su iniziativa della rivista Rockerilla negli anni 1982/83.

Un catalogo che ora si arricchisce di due nuove uscite, davvero inattese ed anche per questo ancora più godibili.

Il primo titolo è Chaosjugend Strasse dei Rinf.

I Rinf sono uno dei gruppi più oscuri che animavano le serate fiorentine degli anni '80, e confesso di non averli mai sentiti nominare prima di trovarli, con il brano Danke Mami, nella già citata raccolta Body Section.
Un vero peccato che abbiano lasciato una traccia così labile nella memoria di quegli anni, perchè si tratta di una delle realtà più interessanti, rigorose e innovative che mi sia capitato di riscoprire.

Mentre i concittadini Litfiba e Diaframma rimasticavano proposte post punk e "dark" (come si diceva in Italia), sulla strada iniziata da nomi ben noti del panorama anglosassone (Joy Division, Cure, Bauhaus...), i Rinf scelsero la via ben più difficile della no wave newyorchese. Guidati dall'esempio di James Chance (e non solo) diedero vita ad un pop-funk-jazz schizoide e malato, difficile da suonare (provate a mettervi nei panni del bassista, vera macchina dub) e intransigente nelle scelte sonore e vocali, vedi ad esempio la decisione di utilizzare il tedesco come prima lingua, che all'epoca non seguiva alcuna moda ma che pare oggi stilisticamente perfetta.

In Chaosjugend Strasse sono raccolti il primo EP del 1983 ed altri brani di varia provenienza. Consigliatissimo.

Ancora più "difficile" Oscillator dei Neon, un album di materiale dal vivo finora completamente inedito, risalente al primissimo periodo della band (1979), quando tutto era affidato, appunto, agli oscillatori. Non c'erano ancora le canzoni che renderanno (giustamente) famosi i Neon, non c'era la raffinatezza quasi pop che verrà poi raggiunta a metà degli '80.

C'erano oscillazioni e rumore, una ricerca che ricorda Cabaret Voltaire e Suicide, musica che forse non aveva un pubblico e che oggi appare incredibilmente più "avanti" di quanto altro accadeva nel Belpaese in quegli anni.

Se adorate lasciarvi mandare in trance dal suono caldissimo dei synth dell'epoca, correte a cercarne una copia.

22 aprile 2008

new wave, new book?

E' uscito nella tarda estate del 2007, ma mi sono accorto dell'esistenza di questo volume solo ora, quando l'ho trovato in bella mostra su un espositore del negozio Ricordi in galleria a Milano.

Pubblicato dalle Edizioni della Associazione Culturale Geophonìe, si tratta di un libro fotografico di grande formato, il cui principale pregio, almeno al primo approccio, è rappresentato proprio dalle foto.

Lo sfogli e ti ritrovi immagini del 1982 con i Bauhaus in pantaloncini che giocano a calcetto (sublime contrasto tra la magrezza ed il pallore dei quattro, e l'impegno sportivo profuso); oppure di Siouxsie Sioux ai tempi d'oro, sudata e truccata come una divinità egizia in vacanza in Italia; o ancora del mai abbastanza compianto Adrian Borland, in una esibizione sul suolo italico con i magnifici Sound.

Spunto per il volume, scritto da due tarantini che hanno vissuto gli anni '80 e la new wave facendo base nell'estremità "sbagliata" della penisola, è la cronaca dei concerti organizzati al Tursport di Taranto. Complice dell'operazione editoriale, naturalmente, il revival degli anni '80 che, in modo in verità assai confuso, pervade certe uscite recenti e che probabilmente ha dato la possibilità a questo volume di vedere la luce.

Gli autori pongono l'accento sulla provincia e sul modo in cui vi erano vissuti certi fenomeni musicali e culturali, laddove Taranto viene assunta (in modo abbastanza azzeccato) come esempio tipico di provincia italiana. Ecco allora i concerti organizzati in modo pionieristico, grazie alla testardaggine di pochi organizzatori; ecco gli sparuti ma determinati gruppi di dark e new wavers che affrontano viaggi su e giù per la penisola per un'ora e mezza di musica elargita dal gruppo anglosassone semi sconosciuto; ecco le delusioni e gli entusiasmi, a seconda della riuscita delle serate, eventi che punteggiavano un'epoca altrimenti desolatamente vuota e fatta per il resto di serate in piazza e dischi ascoltati al buio nella solitudine della cameretta.

Quello che affascina dell'opera, e che a tratti fa indispettire il lettore "informato sui fatti", è che il libro stesso è un prodotto provinciale, con tutti gli aspetti positivi e negativi che ciò comporta. Innanzi tutto, la grafica ricorda quella dei volumetti parrocchiali degli anni '80: riquadri fuori testo, insensate aree colorate in cima o in fondo alla pagine, virgolettati a camionate, nomi in grassetto (ma perchè?) che appesantiscono inutilmente la lettura. In secondo luogo, saltano all'occhio diverse ingenuità ed inesattezze, a volte macroscopiche. Ad esempio, parlare degli Ultravox nel 1984 come un gruppo all'inizio della carriera significa ignorare la storia della band (che dal punto di vista commerciale aveva appena raggiunto l'apice del successo e si preparava al declino, mentre dal punto di vista artistico aveva smarrito la strada da tempo).

Ma è in generale la scrittura che ricorda lo stile del giornalismo musicale dell'epoca: aggettivazioni generose ed imprecise; analisi sociologiche all'acqua di rose; ricostruzione approssimativa delle carriere e discografie dei gruppi; confusione tra generi e tendenze, spesso ammucchiate in calderoni mal differenziati.
Ma qui sta il bello. Il sapore inconfondibile che tutto ciò restituisce è in se' preziosissimo, e lascia trasparire due cose rare: una passione autentica per la materia trattata e l'esperienza diretta delle cose narrate.

Se avete vissuto gli anni '80 in Italia e avete seguito le vicende musicali che toccavano di striscio il nostro paese, questo volume è imperdibile. Vi farà riassaporare odori e sensazioni sepolte ma mai dimenticate, risalenti ad epoche che per molti si situano ai margini della notte della memoria.

Al sottoscritto, ad esempio, la lettura ha fatto rivivere una trasferta notturna, con annesse vicissitudini surreali, in quel di Fratta Maggiore (SA) per un mitico concerto dei Litfiba, anno 1987. Eoni prima che Piero Pelù subisse una mutazione genetica incontrollata... ma questa è un'altra storia.

18 aprile 2008

Sorprendenti Neubauten

E' passata più di una settimana dal concerto degli Einstürzende Neubaten a Milano. Probabilmente sono fuori tempo massimo per una vera e propria recensione, ma non potevo trascurare di dedicarvi almeno qualche riga.

Giornata piovosa e freddina per essere il 10 aprile. Sono entrato all'Alcatraz piuttosto umido, e un po' cupo.

Niente gruppo spalla, ne' preamboli di alcun tipo: il concerto si è aperto con l'ingresso di Blixa sul palco. Scaletta completamente basata sui brani più recenti. Niente ma proprio niente è stato riproposto dal primo periodo. Divertente l'episodio in cui Blixa, rispondendo ad un fan che, per richiederne l'esecuzione, gridava "Meine Seele brennt!" (un vecchio brano nello stile più rumorista della band) ha risposto "Meine auch!" ("La mia anima arde!" - "Anche la mia!").

I pezzi dell'ultimo Alles Wieder Offen hanno dal vivo una resa eccellente: Die Wellen, Let's Do It A Dada, Weil Weil Weil, tanto per citare qualche titolo, sono tra le esecuzioni migliori della serata. Un po' stancante ho trovato soltanto la successione a metà serata di alcuni dei brani più "tranquilli", molto belli se presi da soli ma durante i quali ho faticato a tenere viva l'attenzione.

Fantastica in ogni momento l'esperienza "fisica" fornita dal gruppo. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, è stato del tutto evidente che tutti i suoni presentati dagli Einstürzende Neubaten nelle loro composizioni provengono dalla percussione o dal trattamento di oggetti reali. Una festa per gli occhi e per le orecchie, costantemente sollecitati e incuriositi da ciò che accade sul palco.

Tutti i componenti sono apparsi in grandissima forma, in particolare Blixa, anche ben disposto alla battuta ed alla risata. Alexander Hache, ormai simile più a Lemmy dei Motorhead che a se' stesso, ha stupito tutti suonando il basso con pose da metallaro e a torso nudo (con esibizione di "panza" e tatuaggi).
Strano il momento di tensione tra Unruh e Blixa, quando quest'ultimo ha redarguito il primo per il rumore prodotto raccogliendo gli oggetti metallici appena fatti cadere sul palco. Una tensione che si è smorzata solo dopo un certo tempo.

Bellissima l'idea realizzata in coda al concerto, quando il gruppo ha eseguito un brano improvvisato, nel quale ogni musicista ha dovuto seguire le direttive trovate su carte pescate a caso da una sacca. Se qualcuno conosce le Strategie oblique di Brian Eno, noterà che si trattava di qualcosa di molto simile.
La musica nata "a braccio" dall'esperimento non aveva nulla da invidiare a brani più "composti" e meditati, dimostrazione questa di esperienza e versatilità. Peccato che sul CD della serata, venduto dopo il concerto, mancassero proprio gli ultimi tre brani.

Una serata che è stata capace di riappacifarmi per un paio d'ore con il mondo, mostrando quanto un manipolo di musicisti, avanguardisti e illuminati, possa ancora divertirsi e far godere gli spettatori con uno spettacolo di altissima qualità.

9 aprile 2008

Siouxsie a Pisa

La notizia è di quelle da palpitazione: Siouxsie Sioux sarà di nuovo dal vivo in Italia. L'icona del gothic punk inglese si esibirà come headliner al Metarock Festival di Pisa, nella serata del 6 luglio 2008.

Era dal 1995 - se le gigografie compilate dai fan non contengono inesattezze - che Siouxsie, all'epoca impegnata nell'ultimo tour con i Banshees prima dello scioglimento, non suonava in Italia.
L'artista eseguirà brani tratti dall'ultimo album, l'ottimo Mantaray (primo lavoro solista dopo la separazione dal marito e batterista Budgie) e dal repertorio classico dei Banshees.

Prezzo, per una volta, abbordabile: la serata (che comprende anche l'esibizione di Cristina Donà) costerà 22 euro più prevendita.

8 aprile 2008

The Wonder of Tom Verlaine

Ebbene si, lo confesso: di Tom Verlaine conoscevo soltanto i dischi con i Television. Quando ieri sono andato a vederlo dal vivo al Music Drome di Milano, non sapevo esattamente cosa aspettarmi, sebbene conoscessi la fama dei suoi lavori solisti.
Ho (ri) scoperto un artista affascinante, originalissimo e completamente fuori da ogni schema. Accompagnato da Jimmy Rip (noto produttore e session man) Verlaine ha cantato una manciata di canzoni dal suo repertorio solista, con qualche inserto dell'epoca Television, in meno di un'ora e venti di performance intensa e vibrante, nel silenzio del non foltissimo ma assorto pubblico. Dimostrando che con due chitarre, qualche pedale ed una voce ispirata si può fare davvero di tutto.
Una performance non certamente perfetta - e penalizzata dalla solita pessima acustica - ma che forse ha tratto più forza anche dalle imprecisioni e dalle sbavature.

Archiviate le date di Bologna (5 aprile), Roncade (6 aprile), Milano (7 aprile) e Rezzato (8 aprile) potete approfittare di una delle date successive:
- 9 aprile a Quarrata (FI) - Teatro Nazionale
- 10 aprile a Roma - Stazione Birra
- 12 aprile a Napoli - Galleria Toledo
- 13 aprile a Lecce- teatro DB d'essai
- 15 aprile a Remde (CS) - B-Side
- 17 aprile a Catania - Mercati Generali
- 18 aprile a Palermo - I Candelai club

1 aprile 2008

Rozz Williams, 1963-1998

Oggi, 1 aprile 2008, sono trascorsi esattamente 10 anni dalla morte di Rozz Williams, cantante della prima formazione dei Christian Death e figura carismatica del goth-punk statunitense.

In genere non sto particolarmente attento alle date ed alle celebrazioni, ma questa ricorrenza mi è stata fatta notare in un momento in cui stavo ripensando ad un album in particolare, e mi pare che si tratti di un'ottima occasione per segnalarlo.

Nel 1995 Rozz Williams e Gitane Demone (altra ex Christian Death, proveniente però dalla formazione capitanata da Valor) diedero alla luce Dream Home Heartache, un album basato su sonorità pianistiche e sulla combinazione tra la voce esuberante di Gitane e il sussurro struggente di Rozz. Una gemma seminascosta nella discografia "parallela" ai Christian Death, che meriterebbe una riscoperta (ed una nuova distribuzione in Italia).

Vado a sentirmelo a luci spente.
Buona notte, Rozz.