20 gennaio 2008

Techstuff for music geeks

Ogni tanto l'editoria italiana, affetta in gran parte da ammuffite acuta e dementia colpevolis, sorprende con qualche iniziativa fresca, interessante e, ohibò, contemporaneamente colta ed istruttiva.
Cosa mi sarà capitato per le mani da meritare cotanto elogio?
Si tratta di un libricino di dimensioni ridotte ma dalla pesante copertina in cartone, corredato da un DVD e contenente circa 100 pagine in italiano ed altrettante in inglese (se lo aprite dal lato opposto).
L'autore è Tobor Experiment, pseudonimo dietro il quale di cela il milanese Giorgio Sancristoforo, l'argomento è la musica elettronica, dal punto di vista non delle opere ma degli strumenti per la creazione delle stesse.
10 capitoli snelli e di lettura agevole (ma non per questo privi di spessore tecnico e scientifico) nei quali si viene introdotti alle magnificenze del theremin, dell'oscillatore elettronico, del moog, e così via fino al capitolo conclusivo che si intitola (con un certo ottimismo) "Fatevelo da soli!", nel quale si illustra come affrontare la costruzione di un synth.
Il DVD accompagna i capitoli con altrettanti filmati, che non ripetono le medesime informazioni ma le arricchiscono, aggiungendo anche una buona dose di ironia che non guasta.
In appendice al volume, una intervista a Stockhausen; in aggiunta al DVD, il software Generator X1 per Mac e per PC, col quale scoprire in prima persona le magie della generazione del suono.
Un compagno prezioso e direi imprenscindibile per tutti gli appassionati di musica elettronica (ma anche, ad esempio, per chi ama il prog rock) e per chi è già entrato, o vorrebbe entrare, nel mondo delle manopole e dei filtri.
Il volume nasce da una collaborazione tra l'editore ISBN e il nuovo media QOOB.
Si spera proprio che non resti un caso isolato ma che sia il primo di una lunga serie.

Kill Your (new?) Idols

I primi anni 2000 hanno visto il sorgere di un fenomeno musicale che ha riportato al centro dell'attenzione la cosiddetta "scena" di New York: un numero imprecisato di band che, come altrettante meteore, hanno improvvisamente solcato il cielo del panorama discografico, in attesa di poterne diventare stelle fisse.

Yeah Yeah Yeahs, Liars, Gogol Bordello, Black Dice, A.R.E. Weapons, nomi che tra loro hanno spesso pochissimo in comune, se non il fatto di nascere e muoversi a New York - e più facilmente a Brooklyn - e di aver scelto forme espressive che, lontane dal pop e dal rock più mainstream, si rifanno in modo più o meno esplicito alla realtà musicale della grande mela di fine anni '70 e inizio anni '80.

Anni in cui sorgeva la cosiddetta "No Wave", ondata musicale disperata e negativa, celebrata in una nota raccolta curata da Brian Eno, che vedeva tra i suoi esponenti più illustri i Teenage Jesus and The Jerks di Lydia Lunch, i DNA di Arto Lindsay, i Contortions di James Chance, i Mars, i Theoretical Girls di Glenn Branca, i Suicide di Alan Vega e Martin Rev, i Lounge Lyzards e molti altri ancora più oscuri.

La No Wave fu un fenomeno breve e di difficile decifrabilità, nato nell'ambiente artistico dei New York, fatto di pittori, attori, performers di vario genere, sobillato dalla fiammata del punk anglosassone, del quale venne ripreso il "do it yourself" e l'invito a suonare uno strumento senza studio ne' esercizio, ma del quale venne rigettato come irricevibile il modello musicale dei tre accordi e del rock alla Chuck Berry, che agli artisti newyorkesi pareva un modello arcaico e privo di alcun interesse. Ecco allora nascere, in modo indipendente e senza mutuo interscambio, almeno all'inizio, band composte da personaggi che si occupavano in origine di tutt'altro, nelle quali la musica si fa abrasione e alienazione, il suono è pura dissonanza e scatenato disordine (apparente), la struttura è un concetto rivedibile, la voce si fa strumento per far esplodere la psicosi, la frustrazione e le contraddizioni di una cultura e di una società che stava collassando.

Il fenomeno No Wave ha lasciato dal punto di vista discografico poche chiazze sparse, ma ha influenzato in modo significativo personaggi che l'hanno vissuta facendo parte della stessa area geografica e culturale: gli Swans di Michael Gira, J.G Thirwell alias Foetus, i Sonic Youth. Realtà che hanno avuto un seguito ben più vasto e che hanno portato avanti una tradizione sonora e lirica del tutto particolare.

Scott Crary nel 2004 ha realizzato un documentario, ora edito in Italia nella benemerita collana RaroVideo, nel quale, grazie a interviste e filmati d'epoca, si ripercorre la nascita della No Wave, e si cerca la possibile relazione con i nuovi gruppi newyorchesi.
Il filmato da un lato offre un eccezionale spaccato della No Wave e dei suoi protagonisti, dall'altro svela quanto i nuovi eroi siano diversi dalla vecchia guardia, per motivi che vanno da quelli storici (New York non è più il crogiolo di artisti squattrinati e depressi che era allora) a quelli discografici (dal totale disinteresse si è passati alla pompatura esagerata di fenomeni spesso effimeri). Un video da guardare assolutamente, con extra interessanti e un bel libretto esplicativo.

18 gennaio 2008

A cosa è servito il 2007?

E' iniziato da poco un nuovo anno e proliferano i soliti bilanci e le solite liste di cose da ricordare. Ho sempre guardato a questo tipo di cose con una certa sufficienza e compatendole come tristi obblighi editoriali dovuti alla tradizione più che ad un'esigenza dei lettori.
Visto però che ultimamente mi piace contraddirmi, eccomi qua con la mia lista dei dischi da salvare del 2007.
Prima ve li sparo e poi faccio qualche commento.

01. Einsturzende Neubauten Alles Wieder Offen
02. Gravenhurst The Western Lands
03. Grinderman Grinderman
04. Pankow Great Minds Against Themselves Conspire
05. Throbbing Gristle Part Two - The Endless Not
06. Radiohead In Rainbows
07. Franco Battiato Il Vuoto
08. The Good, The Bad And The Queen The Good, The Bad And The Queen
09. Siouxsie Mantaray
10. The Stooges The Weirdness

Nonostante acquisti dischi a vagonate, e sebbene abbia evitato di inserire in lista dischi che non posseggo, ho lasciato fuori davvero poca roba; il che significa che di dischi targati 2007 nella mia collezione ce ne sono ben pochi - probabilmente non più di 20.
Mi è piaciuto molto poco quest'anno dal punto di vista musicale, e soprattutto non vi ho trovato novità davvero degne di nota.
L'età media dei personaggi che appaiono nella lista è altissima (Battiato e Iggy Pop hanno passato i 60, Siouxsie ha toccato i 50, come Nick Cave e Blixa Bargeld...).
In genere non amo le opere più tarde nelle discografie degli artisti, anche quelle che seguo più fedelmente. Sono invece ben felice di fare scoperte inaspettate e di lasciarmi sorprendere. Il 2007 mi ha riservato solo sorprese da parte di vecchie cariatidi: mi ha sorpreso la bellezza stordente del disco del rinnovato Nick Cave/Grinderman; mi ha stregato il fascino senza tempo del ritorno dei Throbbing Gristle; mi ha preso in contropiede il grande e inaspettato lavoro degli italiani Pankow.
Ho letto da qualche parte (edit: no, l'ho sentito, ma ne parlerò in altra sede) che il rock, come già da decenni il jazz, è ormai entrato definitivamente nella sua fase imitativa, e che non produce più nulla di nuovo.
Ebbene, temo proprio che sia vero.

13 gennaio 2008

Richard goes mainstream

Richard Kruspe, per chi non lo sapesse, è il granitico chitarrista dei tedeschi Rammstein, gruppo techno-metal (o Tanz-Metall, come dicono di sè stessi) di enorme successo.
Emigrate è un progetto parallelo, nato nelle pause di lavorazione, nel quale Kuspe assume il ruolo anche di cantante, oltre a quello ovvio di chitarrista.

In pratica si tratta di un esperimento solista, sebbene formalmente si tratti di un gruppo: Kruspe è infatti anche l'autore di tutti i brani.
D'altronde, il faccione del chitarrista sulla copertina dell'album non lascia adito a dubbi sull'importanza degli altri membri della band.

Pur seguendo da anni i Rammstein, non sapevo dell'esistenza di questo disco fino a quando non mi ci sono imbattuto in negozio. Ho scoperto solo dopo che è già stato pubblicato da tempo un singolo e che alcune tracce erano state rese disponibili sul sito ufficiale dedicato alla band sin dalla prima metà del 2007.

Emigrate è un disco caratterizzato da un indiscutibile appeal commerciale. La voce di Kruspe, ben diversa dal grugnito testosteronico sfoggiato dal cantante dei Rammstein, è caratterizzata da toni medio-alti e da una maggiore mobilità melodica, sebbene resti nell'ambito di un canto minimale e teutonico. La scelta dell'inglese per i testi rivela però l'ambizione di arrivare in modo più diretto al mercato anglosassone (e per riflesso a quello mondiale).

I brani sono tutti facilmente memorizzabili e canticchiabili, la chitarra sfoggia ritmiche solide e melodie brevi ma di sicura efficacia, le atmosfere richiamano alla mente dei Rammstein più morbidi e nostalgici: una sorta di crepuscolarità di seconda mano che difficilmente può sembrare sentita, ma credibile ad un ascolto superficiale.
Un disco per ragazzini romantici, una produzione furbastra, un episodio soprassedibile e che verrà dimenticato in fretta.
Peccato che il disco mi piaccia in modo subdolo, peccato che l'abbia ascoltato e riascoltato. Devo dedurne che a 35 anni, mio malgrado, ho ancora un po' di ragazzino romantico in qualche recesso del cervello. Ma guarda tu.