7 marzo 2010

Ristampe succose dai favolosi anni 80 (parte 2)

I Freur non sono certo uno dei nomi più noti fra i tanti che hanno rapidamente solcato i turbolenti anni '80.

Ma in compenso ci hanno lasciato il singolo più bello di tutti i tempi (la meravigliosa Doot Doot) e due album talmente strani da risultare tuttora inclassificabili.

Li cita Julian Cope nella sua autobiografia Repossessed, e usa parole assolutamente indicative del fascino evocato dal misterioso ensemble: "[...] la mia mente era stregata dallo splendore glam dei Freur. Quel gruppo impenetrabile si era rifiutato di darsi un nome normale e aveva preferito un ghirigoro a forma di spirale simile a una specie di verme misterioso. I Freur comparvero a The Tube suonando la loro Doot-Doot vestiti con dei costumi blu e delle tute spaziali. [...] Il loro sound, guidato dalla batteria elettronica, era affettato e irrequieto, come se avessero preso la prima musica dei Dalek I Love You, e gli avessero aggiunto i fantastici cori dello Yes Album! Porca vacca! I riferimenti erano talmente sottili che riuscivo a godermeli senza riconoscere le somiglianze equivoche. Il fascino dei Freur si basava tutto su un'atmosfera intrigante nello stile dei primi Roxy Music, condita da tinte blu elettrico"*

Cos'altro aggiungere al lucido delirio del grande druido Cope? Posso soltanto dire, come nota storica, che all'album di debutto Doot-Doot del 1983, seguì nel 1985 l'ancor più spiazzante Get Us Out Of Here!, pubblicato solo in Germania e in Olanda e finora inedito in CD.

E' uscita solo da qualche mese una utilissima ristampa della Cherry Records, che pur con qualche pecca (artwork piuttosto trascurato, i due album su un solo CD, ordine degli album invertito), ha però l'enorme merito di proporre per la prima volta il secondo album dopo ben 25 anni.

Non posso non aggiungere, per inciso, che il cantante/chitarrista Karl Hyde e il tastierista Rick Smith diventeranno negli anni '90 i ben più noti Underworld, i quali non solo saranno tra i principali protagonisti della fervente scena elettronica dell'epoca, ma daranno alla luce uno dei miei dischi preferiti di sempre (l'incredibile Second Thoughest In The Infants).

* Julian Cope, Hard On/Repossessed, LAIN Books, trad. it. di Silvia Rota Sperti

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