25 maggio 2010

Sisterworld: Liars vs Liars

Gli anni zero in musica sono stati l'apoteosi dell'imitazione e del crossover selvaggio, una diffusa orgia citazionista in cui ogni genere, sotto-genere e sotto-sotto-genere è stato via via accoppiato con tutti gli altri.

Una sorta di ricerca della pietra filosofale, nata in parte dalla difficoltà di produrre vere novità in campo musicale, in parte dal genuino desiderio di sperimentare accostamenti ancora inediti.

Dove si pongano i Liars in questo panorama è tema discusso e ancora piuttosto dubbio: geniali innovatori, volgari imbroglioni o semplicemente continuatori di tradizioni illustri? Non lo so, o comunque non intendo scervellarmi. Quello che posso dire è che questi qua son capaci di tirare fuori belle idee e qualche pezzo veramente inquietante - spesso accompagnati da ottimi video - sembrano sinceramente schizzati e comunque sanno far parlare di se', ma sulla lunga distanza dell'album non mi convincono troppo.

Questo quinto album Sisterworld è di qualità discreta, con momenti decisamente interessanti alternati al altri un po' noiosetti, ma il problema è che non mi resta in mente in alcun modo, neppure al quarto ascolto. Peccato, perchè le buone premesse ci sono tutte, e i riferimenti, come già detto, coltissimi (a chi? non spetta a me svelarlo, per quello c'è Wikipedia).

Nota di merito per l'eccelso packaging ideato dalla Mute, e per l'interessante CD di remix (uno per ciascun brano presente nell'album) allegato alla prima stampa. Con nomi illustrissimi: Alan Vega, Carter Tutti, Thom Yorke, Kazu Makino, Boyd Rice...

18 maggio 2010

Trent'anni fa


La mattina del 18 maggio 1980 Deborah Curtis trovò il marito Ian impiccato nella cucina della loro casa di Macclesfield. Ian doveva ancora compiere 24 anni, ma lasciava un testamento musicale di valore incalcolabile. La sua influenza sulle generazioni future è enorme. Trent'anni dopo, non voglio stare a ragionare su un suicidio le cui motivazioni restano dopo tutto non acclarate. Ci sono libri da leggere, film da vedere. Quello che conta è la musica dei Joy Division.

Visto che questo blog deve parlare di dischi, può darsi che vi interessi sapere che questo cofanetto è un oggetto necessario. Se non lo possedete, potreste comprarlo oggi.

16 maggio 2010

Il ritorno di Brendan Perry

Noto soprattutto per la straordinaria carriera con i Dead Can Dance, il membro fondatore Brendan Perry si era cimentato da solo soltanto nel 1999, con l'onesto ma non sbalorditivo Eye Of The Hunter.

Torna adesso con il secondo lavoro Ark, un'opera che si discosta dalla prima e torna in modo abbastanza evidente alle atmosfere del gruppo di origine, pur con soluzioni originali e aggiornate ai tempi.

Se l'opener Babylon, con tanto di intro alla Twin Peaks e percussioni che non possono non far pensare al primo album dei Dead Can Dance, è un totale tuffo nel passato, la successiva The Bogus Man si apre con inaspettate sonorità dance, salvo poi ripiegare su terreni più familiari al nostro quando il brano si apre al cantato.

Un'alternanza di suoni orchestrali, synth, sequencer e ritmi elettronici che si ripete in tutto l'album, con il risultato di donare all'insieme una varietà sonora tanto più apprezzabile quando è accompagnata dall'inconfondibile e rassicurante voce di Perry, in grandissima forma sia come interprete che come autore.

Un disco che punta certamente molto sull'effetto nostalgia, ma diciamoci la verità: che senso avrebbe se un artista che riesce a fare un disco come questo, non lo facesse esattamente così?

Nota tecnica sulla confezione: bello il cartonato, evocativa la bella foto di copertina, peccato che il bel libretto completo di testi sia disponibile solo sul sito ufficiale.