17 luglio 2010

Rowland e i suoi Popcrimes

Rowland S. Howard è stato uno dei personaggi più amabili della storia della musica cosiddetta "alternativa".

Fragile e inquieto, noto soprattutto per essere stato il chitarrista dei fondamentali Birthday Party di Nick Cave, ma autore di infinite collaborazioni (con Lydia Lunch, Einstuerzende Neubauten, Bad Seeds, Crime & The City Solution, Barry Adamson, These Immortal Souls, Nikki Sudden, Fad Gadget, Henry Rollins e vari altri), Rowland se ne è andato lo scorso 30 dicembre, divorato da un cancro a meno di 50 anni.

Non si può esagerare nel dire che è stato tra i chitarristi più influenti della sua generazione, forse più di altri che sono molto più famosi ma che hanno probabilmente assorbito da lui più di qualche ispirazione.

Pop Crimes è il suo secondo disco solista, esce ora postumo ma non si tratta di una semplice collezione di materiale inedito: è un'opera compiuta, quasi ultimata al momento della scomparsa dell'artista, che ora vede la luce dopo il necessario lavoro di post produzione.

Si tratta di un disco maturo, che ripassa tutta la carriera e le ossessioni di Howard: si succedono cavalcate oscure, crooning malato, ballad esistenzialiste e su tutto la sua chitarra lancinante, mai doma e mai acquietata.

10 luglio 2010

Danzig is back (and almost good)

Autori di almeno 4 dischi classici per la storia del metal, i Danzig - capitanati da quel Glenn Danzig già mitico frontman dei Misfits e dei Samhain - erano ormai da diversi anni relegati ad una specie di triste dimenticatoio per vecchie glorie. Nel tentativo di attualizzare il proprio sound, il buon vecchio Glenn pareva aver perso la bussola tra campionamenti, elettronica ed effettacci che poco si conciliavano con la classica miscela blues/hard/metal di sabbathiana memoria che aveva caratterizzato la prima produzione.

Deth Red Sabaoth giunge dopo 6 anni di silenzio (se non si considera una compilation di "lost tracks" pubblicata nel 2007) ed è un chiaro ritorno sui propri passi: riappaiono le sonorità tipiche dei primi 4 album dei Danzig, con un livello di scrittura piuttosto buono ed anche una prova vocale più che discreta da parte di un Gleen Danzig redivivo.

Merito forse anche della band, totalmente rinnovata, con il batterista dei Type'O'Negative Jhonny Kelly dietro le pelli e il leader dei Prong Tommy Victor alla chitarra, praticamente un super-gruppo. Il basso è stato diviso tra Danzig e Victor, essendo al momento la band mancante di un bassista in pianta stabile.

Il disco è ben arrangiato , ben suonato e decisamente più energico di qualsiasi disco di Danzig dopo il quarto. Non contiene nulla che possa sopravanzare i classici, ma brani come On A Wicked Night o Ju Ju Bone (solo per citare i primi due singoli) vi faranno ricordare come mai questo tizio bassino, imbolsito e invecchiato è stato una icona del punk prima e del metal poi.

9 luglio 2010

Faithless

E' ormai lontano il tempo in cui i Faithless ci sorprendevano con la deliziosa electro soul dance di Sunday 8PM.

Siamo qui al sesto album di studio e un certo logorio si fa sentire prepotentemente. Vero è che il problema del reinventare la propria formula si è presentato per tutti i grandi nomi dell'elettronica anni '90, cito a caso Chemical Brothers, Orb, Prodigy, Orbital e via così, dove non tutti sono riusciti nell'impresa di sopravvivere alle mode e ad una certa dipendenza da sonorità che sono invecchiate rapidamente.

Ma alcuni dei nomi citati hanno sfornato album interessanti, con idee originali e coraggiose, vedi soprattutto i Chemical. Purtroppo invece The Dance non colpisce in modo particolarmente positivo, e non è certo un disco che si ricorderà in futuro. La stessa band ha dichiarato che si tratta di un "ritorno alle origini", alla scena dei club dei primi anni '90, e che questo è l'album più dance che abbiano mai realizzato. Il problema è che il disco suona esattamente così: musica da discoteca di 15 anni fa, con pochi guizzi e la penalità di una certa mediocrità di scrittura che non gli consente di elevarsi da una piatta gradevolezza (certo, farà la sua figura se tenuto in sottofondo ad una festa di quarantenni a bordo piscina).

Maxi Jazz, Sister Bliss e Rollo possono fare molto di meglio, e ce lo avevano dimostrato più volte (vedi album come Outrospective e No Roots). Speriamo che in futuro ritrovino la bussola, senza ricascare in revivalismi che sembrano motivati solo da una grave mancanza di ispirazione.