18 aprile 2011

Interplay, Foxx and the Maths

La carriera solista di John Foxx dopo l'addio agli Ultravox (un evento che risale ormai a più di trent'anni fa) è stata tra le più prolifiche tra i sopravvissuti alla prima ondata post-punk e, sebbene abbia conosciuto alti e bassi, è tra le più degne di essere (ri)scoperta da chi se la fosse persa.

Il nostro però non ha prodotto solo album a proprio esclusivo nome, anzi non è nuovo a collaborazioni a quattro o più mani. Interplay, l'album fresco fresco che esce a nome John Foxx And The Maths, rientra in questa categoria. Sebbene il moniker faccia pensare ad una band, la scrittura in realtà è stata condivisa con il solo Ben Edwards, noto come sperimentatore e collezionista di synth analogici.

L'album è una bella sorpresa e si può ben annoverare tra i più felici della lunga serie di uscite che Foxx ha snocciolato negli ultimi anni, a dispetto dell'età anagrafica (che potrebbe essere uno svantaggio visto il genere, o forse no?) e della possibile stanchezza compositiva.

Dando una sterzata rispetto alle uscite più recenti, il disco rientra nel filone più vivace di Foxx, quello esplorato nella lunga collaborazione con Louis Gordon, allontanandosi invece dalle sonorità ambient e riflessive della serie Cathedral Oceans o delle collaborazioni con Harold Budd e Robin Guthrie. Anzi, il piglio è decisamente energico, facendo classificare l'album (non particolarmente classificabile, in verità) come un synth pop con virate tecno e qualche puntata nella vera e propria EBM. Tutti generi che a John Foxx devono più di qualcosina, dopotutto, e questo rende difficile inquadrarlo in un filone o nell'altro.

L'album si apre con l'eccellente Shatterproof (una sorta di omaggio ai Nitzer Ebb?) e va avanti sfornando brani uno più potente dell'altro. Fanno eccezione soltanto un paio di ballate sintetiche, che fanno tornare alla mente i fasti della indimenticabile My Sex degli Ultravox (Interplay, The Good Shadow). In Watching a Building on Fire Foxx duetta con Myra Arroyo dei Ladyton, e il risultato reso dalle due voci è tutt'altro che disprezzabile.

Un disco per nostalgici, ma anche attuale, connubio difficile da realizzare ma che qui si manifesta in modo alchemicamente perfetto.

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