20 aprile 2013

Diaframmate varie: demo, live, eventuali

Era datato 2009 il ciclo di ristampe in CD + DVD dedicato a 4 album "storici" dei Diaframma: Siberia (1984), 3 Volte Lacrime (1986), Boxe (1988) e Anni Luce (1992).

Non avendo la possibilità (o meglio, non essendo pratico ne' conveniente, ché volendo si potrebbe pure) di ristampare i titoli "assenti" Gennaio (EP, 1989) e In Perfetta Solitudine (1990), nel 2011 Federico Fiumani ha pubblicato il doppio LP (solo in vinile) Imperfetta Solitudine, raccolta delle demo dei due album in questione con l'aggiunta di alcuni inediti.

Due anni dopo esce, stavolta solo in CD, questo Studio Sessions ('95-'96), che raccoglie le demo (in questo caso però incomplete) dei due dischi successivi a Il Ritorno Dei Desideri (quest'ultimo, 1994, mai andato fuori stampa): Non È Tardi (1995) e Sesso E Violenza (1996). Ci sono 6 brani dal primo, 10 dal secondo, 3 inediti e una bonus track dal vivo.

Pur auspicando che prima o poi vengano comunque ristampati gli album originali, ho accolto con piacere quest'operazione per la freschezza delle versioni demo, che oltre a presentasi in una qualità non troppo dissimile da quella delle registrazioni finite su disco, offrono qualche ruvidezza di interpretazione o di arrangiamento che non mi dispiace affatto.

Segnalo inoltre qualche altro titolo recente che ripesca nel probabilmente sterminato archivio dello stesso Fiumani: Live 83 (anche questo solo su vinile) e Demos 1982 (idem). Una uscita in più per una band di culto come i Diaframma non è mai un problema. Ma questa confusione di formati mi lascia un po' perplesso. È vero che il vinile è di moda e che probabilmente il calcolo è corretto da un punto di vista commerciale, ma chi come me si intestardisce a non volerne acquistare (complici la mancanza del piatto e di ulteriore spazio in casa) si sente un po' tradito. Mannaggia Federico, al prossimo concerto ti cazzio (e poi ti lamenti che non vendi i CD).

10 aprile 2013

Crime & The City Solution, American Twilight

Mi ha incuriosito molto la rivitalizzazione del vecchio marchio di fabbrica dei Crime And The City Solution, e infatti ve ne avevo dato notizia già da molto tempo. Non si può parlare di "reunion", ma solo di ritorno di un nome glorioso, perchè come sempre tutto ruota attorno all'unico membro permanente della band, ossia il cantante Simon Bonney. Dell'ultima formazione ci sono il violinista Bronwyn Adams e il chitarrista Alexander Hacke (più noto per la militanza negli Einstürzende Neubauten), mentre i nuovi innesti ne fanno praticamente una nuova band: al terzetto si sono aggregati il tastierista Matthew Smith, il batterista Jim White (dei Dirty Three), il bassista Troy Gregory (ex dei Dirtbombs), il chitarrista David Eugene Edwards (ex 16 Horsepower, attualmente leader dei Woven Hand), e infine l'artista visuale Danielle de Picciotto.

Otto componenti costituiscono un collettivo forse un po' eccessivo per un disco di rock alternativo, ma questa abbondanza ha senso se si considera l'album per quello che effettivamente è: una grande rimpatriata al desco del padrone di casa Simon Bonney. I musicisti coinvolti, sebbene dai caratteri diversi e con personalità forti (si pensi al solo David Eugene Edwards, che abituato ad essere al centro della scena, qui fa da comprimario assieme ad altri due chitarristi), provengono da un'area artistica che ha una sua forte coesione interna, per linguaggio, temi, sonorità. C'è dunque, nonostante il pesante cambio d'organico, un deciso senso di continuità col passato. Già nella traccia di apertura, ad esempio, si possono riscontrare pesanti echi dello stile del compianto Rowland S Howard, membro dei Crime del primissimo periodo (assieme a Mick Harvey ed Epic Soundtracks), nonchè animatore dei Birthday Party e dei This Immortal Souls.

Ma se l'album guarda al passato e ad una scena che ha già detto moltissimo, e non si affanna in alcun modo a cercare strade innovative, alla resa dei conti dell'ascolto non suona come un inutile rifacimento di cose vecchie. Nelle otto tracce che lo compongono si può apprezzare la voglia di fare musica in modo sentito e passionale, a volte con mestiere ma in modo mai banale. I brani migliori sono la lunga cavalcata Goddess, la ballata My Love Takes Me There, il quasi gospel di Domina, ma anche la title track American Twilight se la gioca bene, assieme ai rimandi (in questo caso volutamente citazionisti) di River Man. Un disco solido, insomma, anche se manca di quel guizzo che avrebbe potuto renderlo indimenticabile. Una implicita conferma di quanto sia difficile per questa generazione, pur restando su livelli altissimi, continuare a sfornare opere essenziali. Da Nick Cave in giù si tratta di un genere oramai piuttosto logoro, e dopo trent'anni di persistenza sulla scena non è lecito aspettarsi nulla di meglio di questa pur buona prova di ritorno.

7 aprile 2013

Saint Julian is back (from Cope Island)

Saint Julian è il terzo album solista nella complessa discografia di Julian Cope, e quello che segnò la svolta (provvisoria, col senno di poi) rispetto alle sue prime uscite soliste, marcate da una forte componente psichedelica e surreale, verso una fase più chiaramente pop.

Una scelta sottolineata dal passaggio alla Island Records, nonché dall'immagine sfoggiata da Cope in copertina: capelli corti, abbigliamento curato ed in linea con lo stile mainstream del 1987, fotografia patinata (un confronto con la cover del precedente Fried consente di farsi un'idea).

Da un punto di vista musicale l'album è un passo indietro rispetto all'eclettismo ed al fascino emanato dalle due opere precedenti. La produzione è tesa ad ottenere un suono pulito e potente, con un effetto di spersonalizzazione che mal si adatta al musicista di Liverpool. Anche la scelta dei brani, che in alcuni casi provengono da vecchie sessioni, uno addirittura dall'eopca pre-Teardrop Explodes, contribuisce a rafforzare la sensazione di una mancanza di coesione e di tensione artistica.

Eppure, come affermato dallo stesso Cope, l'album, pur non essendo uno dei suoi migliori, "ha i suoi momenti". Col senno di poi, sarà un buon banco di prova per il successivo Nation Underground, che pur appartenendo dal punto di vista sonoro allo stesso filone, si dimostrerà molto più interessante. E c'è qualche bel brano degno di memoria: i singoli Trampolene e Eve's Volcano, oltre alla stessa title track e ad una rilavorata World Shut Your Mouth.

Assente dai cataloghi da un bel po' di tempo, l'album è stato finalmente ristampato dalla Universal in edizione doppia, recuperando in pratica la Expanded Edition della Island del 2004. Il secondo CD è la riproduzione integrale della compilation The Followers Of Saint Julian edita nel 1997, una raccolta di tutto il materiale realizzato da Cope nel "periodo Saint Julian": recupera 3 EP degli anni 86-87 con tanto di remix, b-sides e una manciata di live.

Per i fan di Cope, una edizione praticamente necessaria. Per gli altri, compratevi prima Peggy Suicide e Jehovahkill, porca miseria. Nota di servizio: il prezzo che vedo in giro è sui 22 euro, e mi pare troppo esoso. Se lo cercate online ve la cavate con 16-17 euro, una cifra molto più sensata per un album che, comunque, ha il suo bravo quarto di secolo di età.